Il rimborso del credito IVA 2023

PREMESSA

Con la dichiarazione annuale IVA 2024, in alternativa alla compensazione, l’eventuale eccedenza d’imposta a credito può essere richiesta a rimborso.

Per ottenere il rimborso IVA è necessario rispettare determinati requisiti oggettivi e soggettivi. E’, inoltre, opportuno distinguere i rimborsi per i quali è necessaria la prestazione della garanzia o l’apposizione del Visto di conformità, da quelli per i quali non è richiesta alcuna garanzia.

Il rimborso IVA può essere richiesto per via ordinaria o con procedura semplificata. Esiste, poi, una categoria di contribuenti che può richiedere il rimborso IVA “prioritario”.

Infine, i soggetti ISA che hanno conseguito, per il 2022, un punteggio almeno pari a 8 (oppure 8,5, quale media dei punteggi anni 2021 – 2022), possono richiedere il rimborso IVA senza prestazioni di garanzia o Visto di conformità per importi non superiori a 50.000 euro annui.

Analizziamo tutto ciò nel corso di questo intervento.

REQUISITI PER OTTENERE IL RIMBORSO

Il rimborso del credito IVA annuale spetta in presenza di almeno uno dei seguenti requisiti di cui all’articolo 30, comma 3, D.P.R. 633/72:

  • aliquota media delle operazioni attive inferiore a quella degli acquisti;
  • operazioni non imponibili superiori al 25% del totale delle operazioni effettuate;
  • acquisti di beni ammortizzabili e spese per studi e ricerche;
  • prevalenza di operazioni non soggette ad IVA;
  • soggetti non residenti.

Il rimborso del credito IVA avviene per importi non inferiori a 2.582,28 euro. Tuttavia, il rimborso può essere richiesto anche solo per una parte del credito, ancorché inferiore al predetto importo minimo.

Ai sensi dei commi 2 e 4 dell’articolo 30, D.P.R. 633/72, a prescindere dal sussistere dei predetti requisiti, il credito IVA annuale può essere richiesto a rimborso anche in caso di cessazione dell’attività ovvero per il minor importo risultante dalle dichiarazioni annuali dell’ultimo triennio.

CASO 1: ALIQUOTA MEDIA

Con riferimento al primo (e, forse, più frequente) requisito da soddisfare, la C.M. 14.03.1995 n. 81/E ha precisato che i contribuenti, i quali decidano di richiedere il rimborso dell’IVA annuale in dichiarazione sulla base dell’”aliquota media”, devono esercitare prevalentemente o esclusivamente attività per le quali l’aliquota media delle operazioni attive, maggiorata del 10%, sia inferiore all’aliquota media delle operazioni passive.

In altre parole, qualora l’aliquota media dei corrispettivi e/o delle vendite, maggiorata del 10%, sia inferiore all’aliquota media degli acquisti, il contribuente avrà diritto al rimborso IVA, sempreché risulti di importo non inferiore a 2.582,28 euro.

Tra le operazioni attive che rientrano nel conteggio dell’aliquota media sono comprese:

  • le cessioni di oro da investimento imponibili a seguito di opzione e cessioni di oro industriale e di argento puro;
  • le cessioni di rottami (comprese le cessioni di pallets recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo), ai sensi dell’articolo 74, commi 7 e 8, D.P.R. 633/72;
  • le operazioni con applicazione del reverse charge (articolo 17, commi 6 e 7, D.P.R. 633/72);
  • le cessioni nei confronti di soggetti terremotati;
  • le operazioni assoggettate allo split payment di cui all’articolo 17-ter, D.P.R. 633/72;
  • le cessioni esenti IVA ai sensi dell’articolo 10, comma 3, D.P.R. 633/72.

Sono escluse dal calcolo le cessioni di beni ammortizzabili.

Tra le operazioni passive che rientrano nel conteggio dell’aliquota media sono compresi tutti gli acquisti e le importazioni imponibili per i quali è ammessa la detrazione d’imposta, comprese le spese generali.

Sono esclusi gli acquisti e le importazioni di beni ammortizzabili. Con riguardo ai beni ammortizzabili detenuti in leasing, l’orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle entrate ammette la possibilità per l’utilizzatore di computare nel conteggio dell’aliquota media anche l’imposta riferita ai canoni di leasing riferiti a beni strumentali, essendo la relativa imposta non rimborsabile, ai sensi dell’articolo 30, comma 3, lett. c), D.P.R. 633/72.

CASO 2: OPERAZIONI NON IMPONIBILI

Nel caso in cui un contribuente eserciti operazioni attive non imponibili superiori al 25% dell’ammontare totale delle operazioni attive effettuate, egli potrà richiedere il rimborso dell’IVA annuale, sempreché di importo non inferiore a 2.528,82 euro.

Tra le operazioni non imponibili sono comprese:

  • le cessioni all’esportazione, operazioni assimilate e servizi internazionali (articoli 8, 8-bis e 9, D.P.R. 633/72). Rilevano anche le cessioni effettuate nei confronti di esportatori abituali, a seguito di dichiarazione d’intento (articolo 8, comma 1, lett. c) D.P.R. 633/72), ancorché le stesse non concorrano alla formazione del plafond;
  • le operazioni con la Città del Vaticano e San Marino (ex articolo 71, D.P.R. 633/72) e con organismi internazionali (ex articolo 72, D.P.R. 633/72);
  • le cessioni intra-UE di beni (articoli 41 e 58, D.L. 331/93);
  • le cessioni intra-UE ed esportazioni di beni estratti da un deposito IVA (articolo 50-bis, comma 4, lett. f) e g), D.L. 331/93);
  • le prestazioni delle agenzie di viaggio rese fuori UE (articolo 74-ter, D.P.R. 633/72);
  • le esportazioni di beni usati soggetti al regime del margine (articolo 37, D.L. 41/95).

Il totale delle operazioni attive ricomprende anche le cessioni di beni ammortizzabili, pertanto, al fine del calcolo, si dovrà utilizzare l’importo calcolato al rigo VE50, maggiorato dell’importo al rigo VE40.

CASO 3: ACQUISTO DI BENI AMMORTIZZABILI E SPESE PER STUDI/RICERCHE

Il rimborso spetta limitatamente all’IVA relativa all’acquisto o importazione di beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche.

Per individuare i beni “ammortizzabili”, come chiarito nella R.M. n. 113/E/1996 e ribadito dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 147/E/2009, “occorre far riferimento alle norme previste per le imposte sui redditi” ossia all’ammortizzabilità degli stessi.

In particolare, sono considerati ammortizzabili esclusivamente i beni strumentali, ossia quelli utilizzati nel ciclo produttivo posseduti a titolo di proprietà o altro diritto reale. Il rimborso, come precisato nella C.M. 05.03.1990, n. 13, spetta non solo in relazione agli acquisti annotati nel 2023 ma anche per quelli annotati in anni precedenti, a condizione che:

  • il relativo importo non sia già stato chiesto a rimborso o compensato nel Modello F24;
  • dalle annotazioni contabili risulti che l’imposta è stata riportata, in tutto o in parte, in detrazione negli anni successivi;

Come specificato nella C.M. 31.01.1991, n. 5, il rimborso dell’IVA può essere richiesto anche per i lavori di costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria relativi a beni immobili.

Per ultimo, come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione 13.12.2011, n. 122/E, il rimborso dell’IVA può essere richiesto anche dalle società di leasing che adottano i Principi contabili internazionali (IAS/IFRS) e contabilizzano il bene concesso in locazione finanziaria quale credito e non come immobilizzazione materiale da ammortizzare.

Vanno inoltre considerati i seguenti chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria:

  1. contratti d’appalto: secondo quanto precisato nella C.M. 12.01.1990, n. 2, il rimborso spetta anche per l’IVA relativa ai beni ammortizzabili acquisiti mediante contratto d’appalto. Come chiarito nella R.M. 05.11.1991, n. 445764 e ribadito dall’Agenzia, relativamente al rimborso del credito IVA trimestrale, nella Risoluzione 09.04.2002, n. 111/E, è possibile richiedere il rimborso dell’IVA relativa agli stati di avanzamento lavori per la realizzazione di un bene ammortizzabile, in quanto fra i beni ammortizzabili sono da ricomprendere “anche quelli per i quali la procedura stessa è potenzialmente attuabile, nel senso che la procedura di ammortamento sarà applicabile all’atto della realizzazione sempreché … si abbia la assoluta certezza di poter attribuire al bene in fieri la qualifica di bene ammortizzabile”;
  2. beni in leasing: nella R.M. 28.12.2007, n. 392/E l’Agenzia delle Entrate ha negato la possibilità di richiedere il rimborso trimestrale (ex articolo 38-bis, D.P.R. 633/72) dell’IVA riferita al corrispettivo pattuito per il subentro in un contratto di leasing di un bene ammortizzabile, considerato che in capo all’utilizzatore del bene, almeno fino al riscatto dello stesso, non si realizza il presupposto dell’acquisto. Merita evidenziare che nell’ordinanza 10.05.2019, n. 12457 la Corte di Cassazione ha riconosciuto all’utilizzatore la possibilità di richiedere il rimborso del credito IVA considerato che “l’operazione realizzata con la conclusione di un contratto di leasing… va equiparata ad un’operazione di acquisto di un bene di investimento“. L’orientamento può essere considerato consolidato (vedi Cass. 26.09.2018, n. 22959 e Cass. 16.10.2015, n. 20951 e Cass. n. 34403/2021). Tali interpretazioni discendono dalla normativa comunitaria e, in particolare, dall’articolo 14, par. 1, Direttiva n. 2006/112/CE in base al quale costituisce cessione di beni “il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario“. Di conseguenza il contratto di leasing, a seguito del passaggio della piena disponibilità del bene in capo all’utilizzatore, che ne assume i relativi rischi, dà luogo ad una cessione ai fini IVA;
  3. pagamento di acconti: nella R.M. 111/E/2002, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la possibilità di richiedere il rimborso dell’IVA sugli acconti per l’acquisto di attrezzature (ammortizzabili) e per la costruzione di un fabbricato strumentale, posto che, relativamente ad un acconto, l’operazione si considera effettuata per l’importo pagato (articolo 6, D.P.R. 633/72). La stessa Agenzia, nella Risoluzione 27.12.2005, n. 179/E, non ha riconosciuto il rimborso relativamente agli acconti versati in sede di contratto preliminare, in quanto con lo stesso:
    1. le parti si obbligano a stipulare il contratto definitivo ma non si realizza l’effetto traslativo (il promissario acquirente non acquisisce la titolarità del bene);
    1. il rimborso dell’IVA, ai sensi della lett. c) del comma 3, è consentito “limitatamente all’acquisto o importazione di beni ammortizzabili“.

Va tuttavia sottolineato che nella Circolare 13.2.2006, n. 6/E, pur ribadendo l’esclusione del rimborso dell’IVA riferita alle fatture di acconto pagate in sede di contratto preliminare, l’Agenzia ha affermato che “se l’esercizio del diritto alla detrazione o l’utilizzo del credito risulta rinviato agli esercizi successivi, lo stesso potrà essere richiesto a rimborso unitamente all’imposta relativa al saldo corrisposto con la stipula del contratto definitivo“;

  • acquisto di fabbricati: nella Circolare 13.3.2009, n. 8/E, l’Agenzia delle Entrate ha specificato che “l’indeducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing relativi ai terreni… si riflette anche ai fini del calcolo dell’imposta rimborsabile… che… nel caso di acquisto di fabbricati, [va] ridotta per l’importo riferibile al costo (non ammortizzabile) dell’area occupata dalla costruzione e di quella che ne costituisce pertinenza“. Pertanto, in caso di acquisto di un fabbricato strumentale, al fine di individuare l’IVA rimborsabile, è necessario scorporare il valore dell’area sulla quale insiste il fabbricato nonché di quella che ne costituisce pertinenza. Di conseguenza, poiché il terreno non è un bene ammortizzabile, l’acquisto dello stesso non rientra tra le fattispecie che consentono di richiedere il rimborso del relativo credito IVA, come affermato nella R.M. n. 113/E/1996 e ribadito nella R.M. 24.10.1996, n. 238/E. Quanto appena citato è stato confermato anche dalla Corte di Cassazione nelle sentenze 04.12.2015, n. 24779 e 23.09.2016, n. 19481.

Si evidenzia che l’acquisto della nuda proprietà di un immobile non legittima il rimborso dell’IVA “per carenza della possibilità giuridica di destinare il bene in funzione degli scopi d’impresa” (Cass. 22.12.2017, n. 30807);

  • spese pluriennali su beni di terzi: nella citata Risoluzione n. 179/E/2005 l’Agenzia ha chiarito che, le spese di miglioramento, trasformazione ed ampliamento sostenute su beni di terzi, concessi in uso o in comodato, se si concretizzano:
    • in opere non separabili dai beni a cui sono riferite, in quanto non hanno una loro autonoma funzionalità, non possono essere qualificate “beni ammortizzabili” (trattasi di oneri pluriennali). Di conseguenza, le stesse non attribuiscono il diritto al rimborso dell’IVA;
    • in beni materiali, dotati di autonoma funzionalità che, al termine del periodo di uso o comodato, possono essere rimossi e utilizzati indipendentemente dal bene cui sono riferiti, rientrano, quali immobilizzazioni materiali, tra i beni ammortizzabili. Di conseguenza, gli stessi consentono di richiedere il rimborso dell’IVA ai sensi della lettera c) in esame.

Anche la Corte di Cassazione, nella sentenza 28.10.2020, n. 23667, ha negato la possibilità di richiedere il rimborso dell’IVA a credito relativa alle spese sostenute su beni di terzi (nel caso di specie opere di miglioramento di un immobile in locazione) in quanto tale possibilità “richiede… il previo accertamento della sussistenza di un atto di acquisto (o di importazione) e della natura di bene ammortizzabile dell’oggetto dell’operazione“. Merita evidenziare che nell’ordinanza 11.01.2021, n. 215 la stessa Corte ha riconosciuto la possibilità in capo al comodatario di richiedere il rimborso dell’IVA delle spese sostenute per la realizzazione di un impianto turistico su beni di terzi, in considerazione del “nesso di strumentalità delle opere eseguite all’attività di impresa“.

Rilevata la presenza dei predetti orientamenti contrapposti, con la sentenza 29.05.2023, n. 14975 i Giudici hanno richiesto l’opportunità di sottoporre la questione alle Sezioni Unite. In tale contesto, il panorama giurisprudenziale si è arricchito dell’ordinanza 19.07.2023, n. 21228, con la quale la Corte è ritornata a negare il diritto al rimborso dell’IVA relativa alle opere edilizie su beni di terzi.

CASO 4: OPERAZIONI NON SOGGETTE

Il quarto caso in oggetto asserisce alla presenza di operazioni non soggette ad IVA per mancanza della territorialità ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies, D.P.R. 633/72 in misura superiore al 50% dell’ammontare complessivo delle operazioni effettuate. In tal caso:

  • l’ammontare delle operazioni non soggette va individuato con riferimento al momento di effettuazione dell’operazione (articolo 6, D.P.R. 633/72). Si rammenta che l’ammontare delle predette operazioni per le quali è stata emessa fattura può essere rilevato dal rigo VE34;
  • ai fini della verifica della prevalenza, in aggiunta alle già menzionate operazioni, si considerano anche le esportazioni e operazioni assimilate (articoli 8,8-bis e 9, D.P.R. 633/72) e le operazioni intra-UE, articoli 41 e 58, D.L. 331/93.

CASO 5: SOGGETTI NON RESIDENTI

Il rimborso del credito IVA annuale può essere richiesto anche dagli operatori non residenti identificati direttamente ai fini IVA in Italia (articolo 35-ter, D.P.R. 633/72, per soggetti UE) ovvero che hanno nominato in Italia un rappresentante fiscale (articolo 17, comma 3, D.P.R. 633/72, per soggetti extra-UE).

CASO 6: CESSAZIONE DELL’ATTIVITA’

Ai sensi dell’articolo 30, comma 2, D.P.R. 633/72, in caso di cessazione dell’attività è possibile richiedere il rimborso dell’IVA a credito risultante dalla dichiarazione dell’anno di cessazione, anche se di importo inferiore a 2.582,28 euro. In tal caso il rimborso è erogato direttamente dall’Ufficio.

Dopo aver evidenziato che:

  • la cessazione (effettiva) dell’attività costituisce titolo per il diritto al rimborso del credito IVA “per l’evidente impossibilità di chiederne la detrazione in successive dichiarazioni“;
  • il diritto al rimborso dell’IVA versata dal contribuente in eccesso rispetto a quella da quest’ultimo dovuta per la fattispecie connessa con la cessazione dell’attività deve essere interpretata “in relazione al dato sostanziale rappresentato dalla cessazione effettiva dell’attività economica“, stante il fatto che la norma riferisce testualmente “la cessazione all’attività” (compimento di operazioni imponibili) e “non al soggetto che le pone in essere”,

nell’ordinanza 20.10.2023, n. 29257 la Corte di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di IVA, ai fini dell’insorgenza del diritto al rimborso dell’imposta in caso di cessazione dell’attività, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, occorre fare riferimento al dato, sostanziale e fattuale, rappresentato dalla cessazione effettiva della medesima potendo tale momento essere individuato con la messa in liquidazione della società e non con quelli dello scioglimento della società e/o della cancellazione, successivi alla data della domanda di rimborso“.

CASO 7: MINORE ECCEDENZA DEL TRIENNIO

A prescindere dai requisiti sopra esaminati, è possibile richiedere il rimborso ai sensi del comma 4 dell’articolo 30, D.P.R. 633/72 limitatamente alla minore eccedenza d’imposta (ancorché di importo inferiore a 2.582,28 euro) risultante dalle dichiarazioni annuali relative all’ultimo triennio d’imposta, per la parte non chiesta a rimborso e/o non compensata nel Modello F24.

Qualora non sia richiesto a rimborso l’intero credito spettante, l’importo residuo, sempreché non utilizzato in compensazione nel Modello F24, concorre a formare la base di riferimento per il triennio successivo. Di conseguenza, se i Modelli IVA 2022 – 2023 – 2024 presentano un credito, è possibile richiedere a rimborso il minore degli importi relativi a tale triennio considerati al netto di quanto già chiesto a rimborso o utilizzato in compensazione con F24.

In altre parole, l’importo rilevante per ciascun anno da considerare nel triennio è determinato come differenza fra l’importo di cui a rigo VX5 e l’importo di cui a rigo VL9, per la sola parte compensata con Modello F24, c.d. compensazione orizzontale.

Con riferimento al rimborso della minore eccedenza del triennio in caso di operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive, le istruzioni precisano che, per la determinazione dell’importo che il soggetto avente causa può chiedere a rimborso, in ragione del principio di continuità tra i soggetti partecipanti, rilevano anche le situazioni creditorie maturate dal soggetto dante causa anteriormente all’operazione straordinaria. Il credito rimborsabile, pertanto, sarà dato dal minor importo risultante dalla sommatoria, anno per anno, delle posizioni creditorie maturate dai predetti soggetti.

IL RIMBORSO IVA SUPERIORE A 30.000 EURO

Il rimborso IVA di importo non superiore a 30.000 euro è erogato senza prestazione di alcuna garanzia e non richiede il Visto di conformità. Nella Circolare 30.12.2014, n. 32/E, confermando quanto già illustrato nella Risoluzione 03.11.2000, n. 165/E, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il predetto limite va calcolato considerando la somma delle richieste di rimborso effettuate per l’intero anno e non per la singola richiesta.

Per rimborsi IVA di importi superiori a 30.000 euro, richiesti da un soggetto “non a rischio”, è necessario alternativamente:

  • la prestazione di garanzia;
  • la dichiarazione annuale munita del Visto di conformità (o sottoscrizione dell’organo di controllo) e la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante la sussistenza di determinati requisiti patrimoniali e la regolarità contributiva.

La verifica del limite di 30.000 euro va effettuata separatamente per la compensazione e per il rimborso.

Con la dichiarazione sostitutiva di atto notorio il contribuente deve attestare il possesso delle seguenti condizioni di solidità patrimoniale e di continuità aziendale nonché di versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, riferiti al periodo d’imposta oggetto di dichiarazione:

  • il patrimonio netto non è diminuito di oltre il 40% (per i soggetti che non adottano la contabilità ordinaria, la dichiarazione sostitutiva non riguarda il requisito relativo alla diminuzione del patrimonio netto);
  • la consistenza degli immobili non si è ridotta di oltre il 40% per cessioni non effettuate nella normale gestione dell’attività;
  • l’attività non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami d’aziende,
  • nell’anno precedente la richiesta non sono state cedute azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50% del capitale sociale, qualora la richiesta di rimborso sia presentata da una società di capitali non quotata. Nella Circolare n. 32/E/2014 l’Agenzia delle Entrate ha sottolineato che, ai fini del computo dell’anno precedente, va fatto riferimento alla data di richiesta del rimborso (ad esempio, per una richiesta di rimborso presentata il 15.03.2024, l’anno di riferimento è quello compreso tra il 15.03.2023 e il 14.03.2024). Con la Risposta 05.10.2021, n. 658 l’Agenzia ha negato il rispetto della condizione in esame, con il conseguente obbligo di prestare la garanzia, nel caso in cui i soci cedano il 100% delle quote a società unipersonali, ciascuna detenuta dai soci stessi;
  • sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

La dichiarazione sostitutiva di atto notorio è ultimata e resa barrando la relativa casella e apponendo la sottoscrizione nell’apposito riquadro presente nel quadro VX del Modello IVA 2024.

I soggetti ISA che hanno ottenuto un punteggio almeno pari a 8 per il 2022 o 8,5 quale media per il 2021 – 2022, beneficiano dell’esonero dall’apposizione del Visto di conformità per i rimborsi IVA di importo fino a 50.000 euro annui, in applicazione del c.d. “regime premiale” come disposto dall’Agenzia delle Entrate nel Provvedimento 27.04.2023. A tal fine, il soggetto interessato deve barrare la casella “Esonero dall’apposizione del visto di conformità” presente nel riquadro “FIRMA DELLA DICHIARAZIONE” del Modello IVA 2024.

MODALITA’ DI EROGAZIONE DEL RIMBORSO

Il rimborso del credito IVA annuale è effettuato, in conto fiscale, tramite:

  • procedura ordinaria, entro 3 mesi dalla richiesta. Il rimborso è erogato dall’Agente della riscossione entro 20 giorni dal ricevimento della disposizione di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate;
  • procedura semplificata, direttamente dall’Agente della riscossione. L’articolo 1, comma 72, Legge 234/2021 (Finanziaria 2022) ha elevato da 700.000 a 2.000.000 euro, per la generalità dei soggetti, il limite di rimborso IVA ottenibile mediante l’Agente della riscossione. L’erogazione del rimborso avviene entro 60 giorni sulla base di apposita richiesta, sottoscritta dal contribuente ed attestante il diritto al rimborso. In caso di rimborso in conto fiscale, l’Agente della riscossione procede ad erogare anche gli interessi maturati senza necessità da parte del contribuente di presentare una specifica richiesta. Tale procedura è preclusa per i soggetti che hanno cessato l’attività e per quelli sottoposti a procedure concorsuali.

Con l’intento di “accelerare” l’erogazione del rimborso del credito IVA, l’articolo 1, comma 4-bis, D.L. 50/2017 ha disposto che i rimborsi da conto fiscale sono pagati direttamente dall’Agente della riscossione.

In caso di scelta della procedura semplificata:

  • l’Agenzia delle Entrate, entro 10 giorni dall’invio del Modello IVA da parte del contribuente, trasmette all’Agente della riscossione i dati relativi alla richiesta di rimborso;
  • l’Agente della riscossione, entro 10 giorni dal ricevimento dei dati relativi alla richiesta di rimborso, richiede al contribuente la prestazione della garanzia (se prevista) ovvero la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

L’articolo 38-bis, comma 10, D.P.R. 633/72 riconosce l’erogazione del rimborso “in via prioritaria” a favore dei seguenti soggetti:

  • subappaltatori operanti nel settore edile che effettuano prestazioni di servizi con applicazione del reverse charge (articolo 17, comma 6, lett. a, D.P.R. 633/72);
  • soggetti esercenti le attività individuate dal codice 38.32.10 (recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e rottami metallici);
  • soggetti esercenti le attività individuate dal codice 24.43.00 (produzione piombo, zinco, stagno e semilavorati);
  • soggetti esercenti le attività individuate dal codice 24.42.00 (produzione alluminio e semilavorati);
  • soggetti che svolgono attività individuate dal codice 30.30.09 (fabbricazione aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi);
  • soggetti che hanno effettuato operazioni con applicazione dello split payment (articolo 17-ter, D.P.R. 633/72; l’erogazione prioritaria è riconosciuta per un importo non superiore all’IVA relativa a tali operazioni). Come disposto dall’articolo 8, D.M. 23.01.2015 le operazioni soggette a split payment danno diritto all’erogazione in via prioritaria:
    • soltanto se il presupposto del rimborso è quello dell’aliquota media;
    • tenendo conto del limite dell’IVA applicata a tali operazioni nel periodo di riferimento;
  • soggetti esercenti l’attività individuate dal codice 59.14.00 (proiezione cinematografica);
  • soggetti che hanno effettuato prestazioni di servizi relative a edifici (pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento) con applicazione del reverse charge (articolo 17, comma 6, lett. a-ter, D.P.R. 633/72).

Ai fini della procedura di rimborso “prioritaria”, devono essere soddisfatti i seguenti ulteriori requisiti:

  • esercizio dell’attività da almeno 3 anni;
  • credito richiesto a rimborso pari ad almeno 3.000 euro (per il rimborso trimestrale) o 10.000 euro (per il rimborso annuale);
  • credito richiesto a rimborso almeno pari al 10% dell’importo complessivo dell’IVA a credito degli acquisti o delle importazioni effettuati nel periodo (trimestre o anno) di riferimento.

Qualora l’Ufficio riscontri l’inesistenza dei requisiti (sopra esaminati) provvede alla notifica di uno specifico Provvedimento di diniego. Come disposto dal D.P.R. 443/97, il credito può essere computato in detrazione nella prima liquidazione periodica o dichiarazione annuale, previa annotazione nel registro degli acquisti.

Inoltre, il pagamento del credito vantato nei confronti dell’Amministrazione finanziaria può essere sospeso se è notificato un atto di contestazione o irrogazione della sanzione (articoli 16 e 17, D.lgs. 472/1997) ovvero un provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base alla decisione della Commissione tributaria o di altro organo competente.