INTERPELLO N. 493 DEL 05/10/2022 – MODALITÀ DI DOCUMENTAZIONE E REGISTRAZIONE DELLE OPERAZIONI OSS E QUALIFICA DI ESPORTATORE ABITUALE
La società istante illustra di svolgere attività di commercio di prodotti tramite internet. L’attività prevalentemente svolta dalla società istante è rivolta a clienti privati italiani ed esteri, sia UE, sia extra-UE per ordini ricevuti e conclusi direttamente tramite portale WEB da parte degli acquirenti: i pagamenti vengono effettuati in formato digitale e la consegna avviene tramite autotrasportatori esterni con consegna fisica presso il domicilio dei clienti. La società istante illustra inoltre di essersi iscritta al portale OSS avendo optato per il regime speciale IVA “One Stop Shop” dal secondo trimestre 2021, sicura di superare in corso d’anno la soglia di 10.000 euro di vendite a distanza intra-UE con conseguente assoggettamento all’imposizione nel Paese del cessionario e versamento dell’imposta negli Stati Membri degli acquirenti senza detrarre l’imposta sugli acquisti, così come previsto dall’art. 74sexies, co. 5, del D.P.R. n. 633 del 1972. Sotto il profilo fiscale la società istante illustra di aver registrato i corrispettivi delle operazioni descritte senza l’emissione di fattura così come previsto per i soggetti aderenti al regime. Operando in tal modo, le operazioni non sono confluite nella dichiarazione IVA italiana 2022 per il 2021 e non hanno partecipato alla composizione del plafond utilizzabile dai soggetti considerati esportatori abituali per poter acquistare beni e servizi senza applicazione dell’imposta. Oltre alle operazioni UE, la società istante illustra di aver effettuato operazioni con soggetti extra-UE per un ammontare tale da consentirle di rispettare i requisiti per accedere alla qualifica di esportatore abituale e che, il plafond disponibile, considerando soltanto dette operazioni, risulta essere di un valore sufficiente per il recupero del credito IVA maturato. Date le premesse l’istate, palesa delle perplessità sul corretto comportamento tenuto non in linea con i chiarimenti forniti nella risposta ad istanza di interpello n. 802/2021: l’istanza infatti esclude che a tali operazioni si applichi la dispensa dagli adempimenti di cui all’art. 74quinquies, co. 2, del Decreto IVA ai fini della definizione della qualità di esportatore abituale e alla partecipazione al plafond. L’Agenzia delle Entrate spiega come l’istanza di interpello richiamata, affermi che un soggetto che abbia optato per l’applicazione del regime unionale OSS possa beneficiare, anche del regime nazionale previsto per gli esportatori abituali, laddove continui ad adottare le modalità di fatturazione e contabilizzazione delle vendite a distanza stabilite dalla normativa nazionale in via ordinaria. Nel caso prospettato dall’istante in cui le operazioni OSS non siano utilizzate ai fini del regime agevolativo nazionale, non sarà necessario documentarle anche in base alle regole nazionali. Di conseguenza, il contribuente che non abbia fatturato e documentato le operazioni OSS nelle modalità ordinarie potrà avvalersi della qualifica di esportatore abituale e del plafond in ragione e nel limite delle altre operazioni che ne diano il diritto.
INTERPELLO N. 498 DEL 11/10/2022 – CHIARIMENTI AI FINI IVA SU CESSIONI DA PARTE DI SOGGETTO PASSIVO SAMMARINESE NEI CONFRONTI DI ACQUIRENTI ITALIANI
L’istante illustra di essere un soggetto residente a San Marino che intende intraprendere un’attività di vendita di beni a soggetti italiani non operanti nell’esercizio di imprese, arti o professioni e chiede all’Agenzia delle Entrate chiarimenti circa il trattamento IVA da applicare alle suddette operazioni. Nello specifico, il soggetto istante, chiede di sapere nel caso in cui egli effetti un trasporto di beni nei confronti di un cessionario italiano privato ed il cessionario italiano paghi direttamente il trasportatore, se il fornitore sia tenuto al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto nel paese di destinazione del bene. Inoltre, l’istante chiede di sapere nel caso in cui la vendita a distanza avvenga senza la consegna e/o il trasporto a cura del venditore in territorio italiano, se il fornitore sia tenuto al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto applicabile nel Paese di destinazione del bene. L’Agenzia delle Entrate in relazione al primo quesito posto dall’istante, ricorda come l’art. 15 de D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, preveda che l’imposta sia applicata in Italia nei casi in cui il cedente sammarinese, nel corso dell’anno solare precedente, abbia posto in essere vendite a distanza nei confronti di acquirenti non soggetti passivi italiani per un ammontare complessivo superiore a 28.000 euro o, abbia superato tale ammontare nell’anno in corso o, pur non avendo superato la soglia dei 28.000 euro, il cedente opti per la tassazione in Italia. Al verificarti di tali situazioni le operazioni saranno territorialmente rilevanti in Italia e l’istante sammarinese dovrà nominare un rappresentante fiscale in Italia secondo quanto previsto dall’art. 17, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Nel caso in cui invece il fornitore sammarinese si trovi sotto la soglia dei 28.000 euro e non intenda optare per la tassazione a destinazione, potrà assoggettare le vendite a distanza all’imposta sammarinese. L’Agenzia delle Entrate, in relazione al secondo quesito illustra come in assenza di trasporto o spedizione del bene a cura del fornitore, l’operazione non possa qualificarsi quale vendita a distanza e, pertanto, si rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 13, co. 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con conseguente assoggettamento ad IVA nella Repubblica di San Marino.
INTERPELLO N. 517 DEL 18/10/2022 – OMESSA PRESENTAZIONE MODELLO 770
L’istante, società fiduciaria del Gruppo, illustra di aver omesso di indicare nel Quadro SO del Mod. 770/2021, i dati relativi a talune delle operazioni nelle quali essa è intervenuta per l’esercizio dell’amministrazione di patrimoni per conto terzi. Per tali motivi l’istante chiede chiarimenti, nell’ottica di sanare l’errore tramite l’istituto del ravvedimento operoso, in merito all’individuazione della condotta sanzionabile. Nello specifico la società istante chiede di sapere se sia sanzionabile ciascuna omissione o possa applicarsi un’unica sanzione relativa più omissioni riguardanti il medesimo nominativo. L’Agenzia delle Entrate in via preliminare chiarisce all’istante che l’omissione in questione non riguarda redditi, ma operazioni suscettibili di produrre redditi per il soggetto che ha disposto l’operazione: conseguentemente l’intermediario è tenuto a comunicare l’ammontare delle operazioni in cui è intervenuto, anche in qualità di controparte e non i redditi e le perdite che l’operazione ha originato. Entrando nel vivo del quesito, sempre l’Agenzia delle Entrate chiarisce come l’adempimento omesso dall’istante, consista nella mancata comunicazione all’Amministrazione finanziaria dei dati relativi alle singole operazioni, a nulla rilevando il mezzo utilizzato e cioè il quadro SO del modello 770, ovvero la circostanza che le operazioni non comunicate si riferiscano ad un solo soggetto o a più soggetti. Ne consegue che, l’istante ha facoltà di regolarizzare l’omessa comunicazione dei dati mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa del modello 770/2021, andando ad indicare nel quadro SO, le operazioni omesse. Oltre alla presentazione del modello integrativo, il contribuente può decidere se versare su propria iniziativa le sanzioni ma, non è gli è consentito avvalersi del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del D. Lgs n. 472 del 1997, in sede di ravvedimento operoso, essendo il ricorso a detto istituto consentito ai soli uffici dell’Amministrazione finanziaria in sede di contestazione della violazione.
INTERPELLO N. 518 DEL 18/10/2022 – RIMBORSO DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA NON DOVUTA PER ERRORI IN AFFRANCAMENTO
La società istante illustra di aver incorporato tramite fusione inversa l’unico azionista Alfa Holding S.p.A e che la fusione ha avuto i suoi effetti civilistici nel mese di dicembre, mentre gli effetti contabili e fiscali sono stati retrodatati al 1° gennaio. L’annullamento del valore della partecipazione iscritta nel bilancio dell’incorporata, ha generato in capo all’incorporante un disavanzo di fusione che è stato contabilmente imputato ad avviamento. La società istante ha poi esercitato l’opzione per l’affrancamento fiscale del valore contabile dell’avviamento ai sensi e per gli effetti dell’art.15, co. 10, del D.L. 29 novembre 2008, n.185 versando l’imposta sostitutiva del 16 % in data 31 luglio dell’anno n+1 e compilando il relativo quadro RQ del Modello Redditi SC ed il relativo quadro IS del modello IRAP. La Società istante illustra inoltre che a seguito di alcune procedure di verifica interne condotte a distanza di 4 anni, ha riscontrato errori di calcolo connessi all’individuazione del valore fiscalmente riconosciuto dell’avviamento oggetto di affrancamento. Conseguentemente la società istante intende regolarizzare la propria posizione andando a rideterminare l’importo dell’avviamento oggetto di affrancamento, la relativa imposta sostitutiva dovuta e i corrispondenti valori degli ammortamenti fiscalmente riconosciuti richiedendo il rimborso della quota di imposta sostitutiva non dovuta e versata in eccesso. Al fine di perseguire quanto detto, la società istante chiede conferma, in relazione alla volontà di andare ad emendare le dichiarazioni dei redditi e IRAP che l’errore commesso sia da qualificarsi come mero errore materiale di calcolo e che, per regolarizzare la propria posizione, possano essere presentate in sede di ravvedimento operoso, le dichiarazioni integrative IRES ed IRAP al fine di correggere l’importo dell’avviamento affrancato e dell’imposta sostitutiva dovuta. L’Agenzia delle Entrate conferma alla società istante come la base imponibile per il calcolo dell’imposta sostitutiva vada determinata facendo riferimento ai disallineamenti esistenti alla chiusura del periodo d’imposta in cui è stata realizzata l’operazione straordinaria, tra il valore civile di bilancio al netto degli ammortamenti civilistici già operati ed il relativo valore fiscale al netto degli ammortamenti fiscali già dedotti. Nel caso in esame, in base a quanto riferito dalla società istante, l’Agenzia delle Entrate è dell’avviso che per sanare l’errore possano essere presentate le dichiarazioni integrative: infatti con le dichiarazioni integrative non si revoca l’opzione già esercitata ma si correggere l’errore commesso in sede di riallineamento. Ai fini del sistema sanzionatorio dichiarativo, l’Agenzia delle Entrate ricorda che la presentazione di una dichiarazione integrativa interamente a favore del contribuente non è soggetta ad alcuna sanzione. È dovuta invece una sanzione da 250 euro a 2.000 euro qualora la dichiarazione integrativa sia presentata per correggere errori od omissioni sia a favore che a sfavore del contribuente ed il risultato finale della stessa sia comunque rappresentato da un maggior credito. Per quanto attiene invece il rimborso dell’imposta sostitutiva di affrancamento versata in eccesso, la società istante potrà, alternativamente chiederne il rimborso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, compilando la colonna 4 del rigo RX 16 della dichiarazione dei redditi oppure, utilizzarla in compensazione previa compilazione della successiva colonna 5 del medesimo rigo, in sede di versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa.
INTERPELLO N. 525 DEL 26/10/2022 – RINUNCIA AL DIRITTO DI ABITAZIONE PRIMA CASA
L’istante illustra come a seguito del decesso del coniuge, ha ereditato il 50% della proprietà dell’abitazione coniugale e che l’altro 50% è stato ereditato dalla figlia: sull’immobile oggetto di eredità, ai sensi dell’art. 540 del C.c., si è costituito il diritto di abitazione in favore del coniuge superstite. Inoltre, sempre l’istante illustra come in sede di presentazione della dichiarazione di successione, sono state applicate le agevolazioni prima casa ai sensi dell’art. 69 della L. n. 342 del 21 novembre 2000. Volendo il coniuge superstite acquistare la piena proprietà di un nuovo immobile posto nello stesso Comune dell’immobile ereditato da adibire a casa di abitazione e nel quale trasferire la propria residenza anagrafica, fiscale e il domicilio, chiede di sapere se la rinuncia al diritto di abitazione sulla ex-casa coniugale, debba essere formale o tacita. Inoltre sempre l’istante chiede di sapere, nel caso di rinuncia tacita, se sia sufficiente il solo trasferimento della residenza e del domicilio in altro immobile perché si abbia il venir meno automatico del diritto di abitazione originaria, dichiarando in fase di rogito per l’acquisto del nuovo immobile il proprio impegno a trasferirvi entro 18 mesi la propria residenza. In ultimo l’istante chiede di sapere se la rinuncia sia assoggettata a tassazione ai fini delle imposte indirette. L’Agenzia delle Entrate chiarisce all’istante come ai sensi dell’art. 1350 del C.c., la rinuncia al diritto di abitazione deve farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità. Tale atto deve inoltre essere trascritto ai sensi dell’art. 2643, co. 1, del C.c. perché riguardante un diritto reale immobiliare. Sotto il profilo fiscale, l’atto di rinuncia a titolo gratuito è considerato ” trasferimento”, ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.Lgs 31 ottobre 1990, n. 346, e, in quanto produttivo di un arricchimento altrui, soggetto a imposta ipo-catastale. In definitiva la rinuncia a titolo gratuito costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni. Sono inoltre dovute l’imposta ipotecaria nella misura proporzionale dell’1 %, ai sensi dell’art. 1 della Tariffa, allegata al D.Lgs 31 ottobre 1990, n. 347 e l’imposta catastale del 2 % ai sensi dell’art. 10 del medesimo Decreto.
INTERPELLO N. 530 DEL 28/10/2022 – REMISSIONE IN BONIS PER TARDIVA REVOCA CEDOLARE SECCA
L’istante dichiara di aver registrato il 28 novembre 2020 un contratto di locazione abitativa con durata dal 01/12/2020 al 01/12/2023 e di avere optato per il regime della cedolare secca. L’istante afferma di aver avuto l’intenzione di revocare detto regime a partire dal 1° dicembre 2021, tuttavia, pur avendo comunicato detta revoca all’inquilino dell’immobile, ha omesso di effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate e dimenticato di versare l’imposta di registro per l’annualità oggetto di recesso. Non avendo l’istante ancora presentato la dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta 2021, chiede di poter comunicare la revoca dell’opzione entro il 31 novembre 2022, termine di presentazione del Mod. Redditi 2022, usufruendo dell’istituto della remissione in bonis, al fine di poter assoggettare a tassazione ordinaria il canone di locazione e al fine di versare, seppur in ritardo, l’imposta di registro. L’agenzia delle Entrate, conferma all’istante quanto chiarito dalla circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, paragrafo 1, e cioè che della revoca, al pari dell’opzione, ne debba preventivamente essere messo al corrente il conduttore, responsabile solidale del pagamento dell’imposta di registro. In secondo luogo, l’Agenzia delle Entrate chiarisce come l’istante possa ricorrere all’istituto della remissione in bonis per sanare la tardiva comunicazione della revoca dell’opzione per la cedolare secca, laddove sia in grado di dimostrare di aver tenuto un comportamento coerente con detta scelta e pertanto se possa provare di aver tempestivamente comunicato al conduttore la propria decisione di revocare l’opzione il non aver corrisposto l’imposta sostitutiva con riferimento al secondo anno di locazione. Al fine di perfezionare la revoca, l’istante dovrà inviare il modello RLI con la revoca entro il termine del 30 novembre 2022, versare senza possibilità di compensazione la sanzione dei 250 euro, versare l’imposta di registro maggiorata degli interessi e delle sanzioni di cui all’art. 13, co. 1, del D.Lgs 18 dicembre 1997, n. 471 riducibili mediante il ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, assoggettare il canone di locazione ad imposta ordinaria e compilare la dichiarazione annuale in modo coerente con la scelta fatta. Nel caso in cui l’istante non riuscisse ad adempiere a quanto detto, potrà revocare il regime della cedolare secca solo a far data dal 1° dicembre 2022.
INTERPELLO N. 541 DEL 31/10/2022 – IVA INDETRAIBILE PER ACCORDI CONCILIATIVI
La società istante illustra di svolgere attività nel settore delle spedizioni e dei trasporti, dei sistemi logistici e di distribuzione, del magazzinaggio, nonché dell’acquisizione e gestione, per proprio conto, di partecipazioni societarie. Negli ultimi anni, la società dichiara di essere stata interessata da molteplici operazioni di fusione e scissione e che ad alcune delle società incorporate per fusione, sono state destinatarie di avvisi di accertamento relativi ad anni d’imposta precedenti. Le società destinatarie degli avvisi di accertamento hanno proposto ricorso avverso i predetti atti impositivi con accoglimenti parziali a cui l’Amministrazione finanziaria ha proposto tempestiva impugnazione. Le parti hanno deciso di presentare istanza di conciliazione giudiziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 48 del D.Lgs n. 546 del 1992 che ha portato, nel 2021, alla sottoscrizione di un accordo quadro tra la società istante in qualità di incorporante delle società destinatarie di avvisi di accertamento e la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate. Con la sottoscrizione di tale accordo, viene stabilito il recupero a tassazione di IVA relativa a delle operazioni che hanno riguardato le società incorporate dall’istante. Dal momento che i pagamenti scaturenti dall’accordo sono stati integralmente eseguiti in un’unica soluzione dalla società istante tramite il modello F24 nel corso del 2021, l‘istante chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in merito alla deducibilità dal reddito di impresa dell’IVA indetraibile derivante dagli accordi conciliativi di cui all’art. 48 del D.Lgs n. 546 del 1992 e dei relativi interessi, nonché in merito alla corretta individuazione del periodo d’imposta in cui la società istante potrà eventualmente dedurre le predette somme. L’Agenzia delle Entrate, in risposta alla società istante chiarisce come non possa essere riconosciuta alla società istante la deducibilità, ai fini IRES ed IRAP, del costo corrispondente all’IVA divenuta indetraibile e dalla stessa versata all’Erario in esecuzione degli accordi conciliativi. Ciò in quanto la condotta delle società incorporate dall’istante è stata qualificata nell’accordo quadro di conciliazione come “comportamento che viola il principio di inerenza applicabile, ai sensi dell’art. 19 del Dpr. 633/72 agli effetti dell’IVA” e come fonte di “situazioni abusive”. Pertanto, il costo corrispondente all’IVA divenuta indetraibile e versata dalla società istante all’Erario in esecuzione degli accordi conciliativi non dà luogo a componenti reddituali fiscalmente rilevanti in quanto si è in presenza di componenti che non rappresentano un fattore produttivo dell’attività del soggetto istante. Per quanto invece attiene la deducibilità degli interessi versati in esecuzione degli accordi conciliativi, secondo l’orientamento espresso dalla Suprema Corte, gli interessi passivi correlati alle imposte o a maggiori imposte dovute in base alla liquidazione, al controllo formale della dichiarazione o all’accertamento dell’Ufficio hanno, di fatto, una funzione compensativa del ritardo nell’esazione, in quanto generati unicamente dal fatto oggettivo che il tributo entra nelle casse dello Stato con ritardo rispetto a quanto previsto. Quindi, tali interessi debbono essere considerati autonomamente rispetto al regime impositivo dei tributi cui afferiscono. In conclusione chiarisce l’Agenzia delle Entrate, gli interessi passivi in esame versati dalla società contribuente in attuazione degli accordi conciliativi non derivano da operazioni aventi causa finanziaria e pertanto saranno deducibili nel periodo d’imposta 2021, anche ai fini IRAP, secondo i corretti principi contabili.