Premessa
Si propone di seguito una selezione delle massime degli interpelli elaborati nel mese di GENNAIO 2024, dall’Agenzia delle Entrate.
INTERPELLO N. 1 DEL 05/01/2024 – SUPERBONUS E CONGRUITA’ DELLE SPESE
Il soggetto istante, condomino minimo, composto da n. 5 unità immobiliari, ha deliberato e incaricato una ditta edile, di effettuare interventi di efficientamento energetico di cui all’art. 119 del D.L. n. 34 del 2020 presentando così, in data 15 aprile 2022, la Cilas. L’intervento che il condominio istante ha inteso perseguire, riguarda la sostituzione di finestre e persiane ”ad arco” dell’intero edificio. Nell’Aprile 2022, al momento della firma del contratto di appalto, dal momento che la Regione in cui sono situate le n. 5 unità immobiliari non contemplava la tipologia di infisso oggetto dell’intervento, il condominio istante ha preso a riferimento il prezzario della Regione confinante che al contrario la prevedeva. Solo in un secondo momento, a lavori non conclusi, la Regione in cui sono situate le n.5 unità immobiliari, ha aggiornato il prezzario includendovi anche i prezzi riferiti alla sostituzione delle persiane e delle finestre ”ad arco”. Date le premesse, considerato che i condòmini hanno optato per l’applicazione dello sconto in fattura, il condominio istante chiede quale prezzario debba essere utilizzato per la verifica della congruità dei prezzi prevista dall’art. 119, co. 13, del D.L. n. 34/2020. L’Agenzia delle Entrate ricorda in premessa come l’asseverazione rilasciata dal tecnico abilitato, ha il fine di attestare i requisiti tecnici sulla base del progetto e dell’effettiva realizzazione. L’Agenzia delle Entrate ritiene che la verifica della congruità della spesa, ai fini della relativa attestazione, debba essere effettuata al momento del sostenimento delle spese stesse utilizzando il prezzario vigente a tale data. Come chiarito nelle circolari 8 agosto 2020, n. 24/E e 22 dicembre 2020, n. 30/E, per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell’effettivo pagamento. In caso di sconto integrale in fattura e, pertanto, in assenza di un pagamento, occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore. Con riferimento al caso di specie, il tecnico abilitato incaricato dal condominio istante, deve attestare la congruità delle spese relative all’intervento di sostituzione delle persiane e degli infissi, facendo riferimento al prezzario in vigore al momento del sostenimento della spesa in linea con quanto precisato.
INTERPELLO N. 3 DEL 09/01/2024 – REGIME FORFETARIO E CONTRIBUTO RICEVUTO PER L’ESAME DI ABILITAZIONE PER L’ATTIVITÀ DI CONSULENTE FINANZIARIO
Il soggetto istante illustra di essere una banca operante nel settore dell’intermediazione finanziaria attraverso un’estesa rete commerciale costituita da consulenti finanziari che, attraverso mandati di agenzia, promuovono presso la clientela i servizi e prodotti finanziari offerti dalla banca. La banca istante, nell’intento di favorire l’accesso alla professione di consulenti finanziari da parte di giovani laureati e diplomati, vuole promuovere sul territorio nazionale un programma di formazione per sviluppare la propria rete commerciale. Il programma di formazione messo in atto dalla banca istante, consiste in un’attività didattica organizzata dal proprio centro di formazione permanente che dura sei mesi e prevede lo svolgimento di lezioni secondo un programma prestabilito ed una partecipazione obbligatoria alle lezioni con monitoraggio delle assenze. Al termine del percorso formativo, qualora i partecipanti abbiano rispettato le regole di partecipazione e completato tutte le attività didattiche e le prove valutative previste con esito positivo, la banca rilascerà la certificazione Executive Master in Banking Consulting. La banca istante intende precisare che riconoscerà, inoltre, a ciascun partecipante, per i sei mesi di durata dell’attività didattica, un contributo pari a euro 1.300 mensili per un totale complessivo di euro 7.800. Tale contributo ha l’intento esclusivo di supportare i partecipanti nella loro attività di studio e di formazione e assolve unicamente la funzione di sussidio di studio e formazione: non è in alcun modo riconducibile ad una remunerazione per prestazioni di lavoro o di collaborazione e in alcun modo collegabile con l’offerta che la banca istante potrebbe proporre ai partecipanti dopo la conclusione del percorso formativo. La banca istante, in qualità di sostituto d’imposta, chiede di sapere se il contributo erogato ai partecipanti rientri tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 50, co. 1, lett. c), del Tuir. Sempre la banca istante chiede di sapere, qualora i partecipanti si dotassero di partita IVA per proseguire in un mandato di agenzia proposto dalla medesima banca, se possano optare per il regime Forfetario, non risultando integrata la causa ostativa di cui all’art. 1, co. 57, lett. dbis), della L. 23 dicembre 2014, n. 190. L’Agenzia delle Entrate, relativamente al primo quesito, ricorda alla banca istante come l’art. 50, co. 1, lett. c), del Tuir, assimili ai redditi di lavoro dipendente, le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale qualora non vi siano rapporti di lavoro dipendente tra il soggetto erogante ed il beneficiario. Nella risoluzione 21 marzo 2002, n. 95/E è stato evidenziato come siano fiscalmente inquadrabili come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 50, co. 1, lett. c), del Tuir anche le somme percepite dai soggetti che svolgono tirocini formativi e di orientamento ai sensi dell’art. 18 della L. 24 giugno 1997, n. 196. L’Agenzia delle Entrate, in base ai riferimenti richiamati, chiarisce alla banca istante come possano ricondursi alle borse di studio di cui all’art. 50, co. 1, lett. c), del Tuir, anche le somme corrisposte per la realizzazione di iniziative formative volte a favorire l’ingresso dei lavoratori nel mondo del lavoro. Relativamente al secondo tema e precisamente se i percettori del contributo in esame, che entreranno successivamente a far parte della rete commerciale della Banca con la stipula di un mandato di agenzia, potranno applicare il regime Forfetario di cui all’art. 1, co. da 54 a 89, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, l’Agenzia delle Entrate chiarisce come, in considerazione del fatto che la banca istante ha corrisposto un contributo riconducibile tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i percettori potranno aderire al regime Forfetario poiché la percezione di detto contributo, non integra la causa ostativa prevista dalla citata lettera dbis.
INTERPELLO N. 7 DEL 12/01/2024 – TASSAZIONE DI UNA DONAZIONE AD OPERA DI DONANTE ESTERO
Il soggetto istante, cittadino italiano, illustra di voler acquistare un appartamento e che la propria zia, cittadina svizzera, residente all’estero, intende donargli la somma necessaria ad effettuare l’acquisto dell’immobile. La zia vorrebbe effettuare un bonifico del relativo importo, dal proprio conto corrente estero al conto corrente italiano intestato al donatario istante, così che quest’ultimo possa poi procedere al pagamento degli acconti dovuti a favore della società venditrice l’immobile. Date le premesse, il soggetto istante chiede di sapere se l’accredito su conto corrente italiano di denaro proveniente dalla Svizzera, trasferito a titolo di donazione, comporti l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni. L’Agenzia delle Entrate illustra in premessa come i criteri di territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni sono dettati dall’art. 2 del D. Lgs 31 ottobre 1990, n. 346 il quale dispone come l’imposta sia dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero. In ossequio ai principi di territorialità, se il donante risultasse residente in Italia, l’imposta si applicherebbe in relazione a tutti i beni o diritti trasferiti, compresi quelli esistenti all’estero. Se, al contrario, il donante risultasse residente all’estero al momento della donazione, l’imposta si applicherebbe solamente ai i beni e diritti esistenti sul territorio italiano. L’Agenzia delle Entrate, richiama la sentenza della Corte di Cassazione del 24 marzo 2021, n. 8175, concernente un’analoga fattispecie in cui il denaro, oggetto di donazione da un residente in Svizzera a favore di un beneficiario residente in Italia, non era presente nel territorio nazionale al momento dell’atto di liberalità ma era depositato sul conto corrente del donante residente in Svizzera. I giudici di legittimità rilevano che per stabilire se un atto di donazione con bonifico da parte di un donante residente all’estero sia da assoggettare a tassazione in Italia, occorre esaminare se il bene oggetto di donazione possa essere considerato esistente nel territorio dello Stato. Nel caso di specie, il denaro oggetto di donazione da parte del cittadino residente in Svizzera, tramite bonifico bancario, benché destinato ad un beneficiario residente in Italia, si trovava depositato su conto bancario di un istituto svizzero. Conseguentemente, mancando il presupposto della territorialità, il relativo atto di donazione non rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni in Italia. L’Agenzia delle Entrate, pertanto, chiarisce al soggetto istante che non risulta integrato il presupposto territoriale di cui al citato art. 2 del D. Lgs. n. 346 del 1990 per l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni.
INTERPELLO N. 13 DEL 23/01/2024 – DETRAZIONE INTERESSI PASSIVI DERIVANTI DA MUTUO IPOTECARIO PER L’ACQUISTO DI UN IMMOBILE LOCATO DA ADIBIRE AD ABITAZIONE PRINCIPALE
Il soggetto istante persona fisica, illustra di aver stipulato tramite atto notarile, in data 13 dicembre 2022, un mutuo ipotecario per l’acquisto di un immobile a destinazione abitativa, concesso in locazione in forza di un contratto stipulato il 22 febbraio 2019 della durata di quattro anni. Già in data 2 marzo 2022, i precedenti proprietari dell’immobile avevano comunicato al conduttore il diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza, ai sensi dell’art. 3 della L. del 9 dicembre 1998, n. 431. Infatti, la tipologia del contratto di locazione in esame, stipulato ai sensi dell’art. 2, co. 1, della L. n. 431 del 1998 prevede che, nel caso in cui il conduttore non rilasci spontaneamente l’immobile a seguito del diniego di rinnovo del contratto, il locatore si avvalga della procedura di cui all’art. 30 della L. 27 luglio 1978, n. 392, non potendo procedere alla convalida di sfratto per finita locazione. Il soggetto istante, in data 2 marzo 2023, con lettera RA, ha intimato il rilascio dell’immobile e, considerato che il conduttore non ha provveduto alla consegna dell’immobile, ha proceduto con azione legale. In data 5 maggio 2023, l’istante ha presentato istanza all’organismo di mediazione per esperire il tentativo di conciliazione obbligatorio per legge, con esito negativo. Successivamente, l’istante ha presentato ricorso ai sensi dell’articolo 447bis c.p.c.. Date le premesse, il soggetto istante chiede di poter fruire della detrazione degli interessi passivi sul mutuo ipotecario per l’acquisto di un immobile locato da adibire ad abitazione principale prevista dall’art. 15, co. 1, lett. b), del TUIR, pur in assenza dell’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione. L’Agenzia delle Entrate ricorda in premessa come l’art. 15, co. 1, lett. b), del TUIR, preveda, in presenza di un mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale e delle sue pertinenze, una detrazione dall’imposta lorda pari al 19 % degli interessi passivi e dei relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione. Per i soggetti che acquistano un’unità immobiliare locata, la suddetta detrazione spetta a condizione che entro tre mesi dall’acquisto, sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che, entro un anno dal rilascio, l’unita immobiliare sia adibita ad abitazione principale. Nel caso in esame, l’istante ha utilizzato la procedura di cui all’art. 30 della L. n. 392 del 1978, che è lo strumento processuale, specificamente previsto dall’ordinamento per i casi di diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza, finalizzato ad ottenere, al pari dell’intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione, un provvedimento costituente titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile. Però, secondo quanto rappresentato, l’istante è divenuto proprietario dell’immobile in data 13 dicembre 2022 e, pertanto, ai fini della fruizione della detrazione, l’azione giudiziale andava esperita entro i tre mesi successivi, cosa che non è avvenuta in quanto, l’istante in data 2 marzo 2023, con lettera RA ha intimato il rilascio dell’immobile; in data 5 maggio 2023, l’istante ha presentato istanza all’organismo di mediazione per esperire il tentativo di conciliazione, con esito negativo e, successivamente, ha presentato ricorso ai sensi dell’art. 447bis c.p.c..
INTERPELLO N. 17 DEL 26/01/2024 – RIPARTIZIONE IN SEDE DI SCISSIONE DELLE RISERVE IN SOSPENSIONE D’IMPOSTA IN PARTE AFFRANCATE
La società istante, illustra di aver rivalutato nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2020, alcune immobilizzazioni tra le quali un fabbricato e un terreno di proprietà, oltre ad alcuni impianti e macchinari. Il saldo attivo di rivalutazione iscritto a fronte della rivalutazione è stato parzialmente affrancato, mediante applicazione della corrispondente imposta sostitutiva pari al 10 %, ai sensi dell’art. 110, co. 3, del D.L. n. 104 del 2020. Sempre la società istante evidenzia come stia valutando l’opportunità di perfezionare una operazione di scissione parziale proporzionale mediante attribuzione di alcuni elementi patrimoniali attivi e passivi ad una società Newco, pertanto di nuova costituzione, con il fine di separare dalla componente propriamente industriale, quella esclusivamente patrimoniale e finanziaria sempre più rilevante e che la cui gestione ed organizzazione risponde a logiche e criteri divergenti. La società istante illustra come, per effetto della scissione, il proprio patrimonio netto sarà ridotto attingendo proporzionalmente alle riserve di capitale ed alle riserve di utili e, conseguentemente, non subirà alcuna variazione. Date le premesse, la società istante scindenda, chiede chiarimenti circa il criterio di ripartizione delle riserve in sospensione d’imposta parzialmente affrancate. L’Agenzia delle Entrate che ricorda come la rivalutazione di cui all’art. 110 del D.L. n. 104 del 2020, poteva essere effettuata anche per singoli asset ma esclusivamente per il loro intero valore e che l’affrancamento previsto del corrispondente saldo attivo, poteva avvenire indistintamente anche in misura parziale, ritiene che l’affrancamento parziale del saldo attivo di rivalutazione effettuato dalla società istante, vada ripartito in proporzione al maggior valore rivalutato dei singoli beni oggetto della rivalutazione medesima. Più precisamente l’importo oggetto di affrancamento, andrà a ridurre l’ammontare del saldo attivo di rivalutazione idealmente attribuibile ai singoli asset oggetto di rivalutazione, proporzionalmente all’ammontare del maggior valore rivalutato degli stessi. Secondo quanto previsto dall’art. 173, co. 9, 1°periodo del TUIR, le riserve in sospensione d’imposta iscritte nell’ultimo bilancio della società scissa, devono essere assegnate alle società beneficiarie in proporzione alle quote di patrimonio netto contabile trasferito. Nel caso in esame, essendo l’operazione di scissione avvenuta nel corso del periodo di sorveglianza previsto dall’art. 110 del D.L. n. 104 del 2020, si applicherà alla riserva di rivalutazione quanto previsto dal 3° periodo del co. 9 ovvero, detta riserva, andrà ricostituita in relazione ai beni rivalutati rispettivamente attribuiti alla beneficiaria o rimasti alla scissa. Naturalmente, l’importo della riserva in sospensione da ricostruire in capo alla beneficiaria sarà pari all’originario saldo attivo di rivalutazione idealmente attribuibile agli asset trasferiti per effetto della scissione al netto della quota affrancata.
INTERPELLO N. 20 DEL 26/01/2024 – ERRATA APPLICAZIONE DELL’INVERSIONE CONTABILE E RECUPERO DELL’IVA ERRONEAMENTE VERSATA
La società istante illustra di aver affidato alla società BETA prestatrice, i lavori di ristrutturazione, ampliamento e realizzazione di nuovi spazi all’interno dei propri edifici, effettuati nel corso degli anni 2015, 2016 e 2017. Nei confronti della società BETA, a seguito di verifiche fiscali, sono stati emessi processi verbali di constatazione, con i quali i verificatori hanno riscontrato come numerose prestazioni fossero state erroneamente fatturate in regime di inversione contabile nei confronti della società istante, ai sensi dell’art. 17, co.6, lett. ater), del D.P.R. n. 633/1972, in luogo dell’assoggettamento ad IVA secondo le regole ordinarie, ai sensi dell’art. 21 del medesimo Decreto. A seguito delle contestazioni, la società BETA ha provveduto a versare l’IVA a debito accertata. La società istante, per le annualità oggetto di accertamento, ha provveduto ad integrare le fatture ricevute dal prestatore con l’IVA a debito. Ciò posto, la società istante chiede come recuperare l’IVA che le sarà addebitata dal prestatore a titolo di rivalsa ai sensi dell’art. 60, ultimo comma, del Decreto IVA, e che la medesima ha già versato quasi completamente all’Erario. L’Agenzia delle Entrate illustra all’istante che, in base a quando disposto dall’art. 60, ultimo comma, del Decreto IVA, una volta effettuato il pagamento dell’IVA addebitata in via di rivalsa dal prestatore, tramite emissione di una fattura ex art. 26, co.1, del Decreto IVA, la società istante potrà esercitare il diritto alla detrazione alle condizioni esistenti al momento di effettuazione delle originarie operazioni. Non è, altresì, consentito recuperare in detrazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale, quanto già versato a seguito dell’errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, poi riaddebito a titolo di rivalsa dal prestatore. Al fine di garantire la neutralità dell’IVA, l’importo potrà essere chiesto a rimborso ai sensi dell’art. 30ter, co. 1, del Decreto IVA, in base al quale, il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
INTERPELLO N. 24 DEL 29/01/2024 – ESIGIBILITA’ DELL’IVA SULLE FATTURE EMESSE DALLE SOCIETA’ CHE EROGANO SERVIZI PUBBLICI
La società istante illustra di essere una società in house della Regione, affidataria del servizio idrico integrato per i segmenti di captazione, adduzione acque potabili, distribuzione, fognatura e depurazione per l’intera circoscrizione regionale per un arco temporale di 30 anni, con decorrenza dal 1° gennaio 2023. Sempre la società istante, con l’Accordo operativo del 2023, si è obbligata nei confronti del Comune ad emettere in nome proprio le fatture relative al SII nei confronti dei clienti finali. Date le premesse, la società istante chiede di sapere se per il servizio di somministrazione di acqua, possa limitarsi ad annotare nel registro dei corrispettivi di cui all’art. 24 del Decreto IVA, l’ammontare dei corrispettivi riscossi, laddove l’annotazione delle bollette/fatture, seppur emesse elettronicamente, non anticiperebbe l’esigibilità dell’imposta ex art. 6, co. 2, Decreto IVA. L’Agenzia delle Entrate chiarisce al soggetto istante come con l’avvento della fatturazione elettronica, l’obbligo di emissione del documento contabile tramite il sistema di interscambio abbia riguardato anche i soggetti che prestano i servizi disciplinati dal D.M. 24 ottobre 2000, n. 370. Continua l’Agenzia delle Entrate chiarendo come la disciplina in materia di fattura elettronica non abbia creato una categoria sostanziale nuova o diversa dalla fattura ordinaria, con la conseguenza che, pur nel limite della compatibilità con gli elementi che le caratterizzano, continuano a trovare applicazione tutti i chiarimenti già in precedenza emanati con riferimento generale alla fatturazione, nonché le deroghe previste da specifiche disposizioni normative di settore. Da tutto ciò deriva che, in mancanza di un’abrogazione espressa delle semplificazioni di cui all’art. 2 del Decreto IVA, le stesse possono continuare ad applicarsi alle bollette/ fatture emesse in base all’articolo 22 del Decreto IVA.