Qui una selezione degli interpelli elaborati nel mese di agosto 2022 dall’Agenzia delle Entrate.
INTERPELLO N. 398 DEL 01/08/2022 – DICHIARAZIONE DI SUCCESSIONE E COMUNIONE LEGALE
L’istante illustra che in data 5 giugno 2021 è deceduto il proprio coniuge con il quale era sposato in regime di comunione legale dei beni e che, con l’apertura della successione, è presente nell’asse ereditario anche un conto corrente bancario. Ai fini della compilazione della dichiarazione di successione e dell’eventuale liquidazione delle imposte, l’istante chiede di sapere se rientri in successione il valore corrispondente al 50% del saldo del conto corrente intestato unicamente al de cuius oppure l’intero importo. L’istante infatti ha il dubbio che il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato al de cuius vada tassato per intero, se la comunione legale fra i coniugi riguardi unicamente gli acquisti, cioè gli atti implicanti il trasferimento della res o la costituzione di diritti reali sulla medesima. L’Agenzia delle Entrate premette che il regime legale dei rapporti patrimoniali tra i coniugi è costituito dalla comunione dei beni che implica prevalentemente la contitolarità e cogestione dei beni acquistati, anche separatamente, in costanza di matrimonio e le aziende gestite da entrambi e costituite dopo le nozze, ai sensi dell’art.162 del C.c.. Con riferimento alla disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni, l’art. 9 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 dispone, in via generale, che l’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e diritti che formano oggetto della successione, ad esclusione di quelli non soggetti all’imposta. Sempre l’Agenzia delle Entrate prosegue dicendo che in presenza di depositi bancari e conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascun cointestatario si presumono uguali, salvo che non risultino diversamente determinate. Pertanto, nell’ipotesi in cui il deposito o il conto risultino intestati ad un solo soggetto, si considera compreso nell’attivo ereditario l’intero ammontare. l’Agenzia delle Entrate, chiarisce così all’istante come debba essere indicato in dichiarazione di successione, l’intero importo del saldo del conto corrente intestato al de cuius, fatta salva la dimostrazione da parte del contribuente che sussistano i presupposti per applicare il regime della comunione legale differita.
INTERPELLO N. 399 DEL 01/08/2022 – TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA ALL’ESTERO E AGEVOLAZIONE PRIMA CASA
L’istante illustra di aver acquistato in data 8 marzo 2020 un appartamento in un Comune italiano versando l’imposta di registro pari al 2% sul valore catastale dell’immobile. In data successiva, sempre l’istante precisa di aver trasferito la propria residenza dall’Italia ad un Paese estero per emigrazione perché, a causa della pandemia da Covid-19, il centro dei suoi interessi vitali rimarrà il Paese estero per diversi anni. Ciò posto, l’istante chiede se il trasferimento della propria residenza nel Paese estero dopo aver usufruito dell’agevolazione prima casa, possa comportare il pagamento dell’imposta di registro nella misura ordinaria. L’Agenzia delle Entrate chiarisce all’istante che le agevolazioni previste per l’acquisto della prima casa, ovvero l’applicazione dell’imposta di registro nella misura del 2% e delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro 50 ciascuna, spettano all’acquirente anche non residente, qualora ricorrano le condizioni stabilite dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. La citata Nota II-bis prevede il mantenimento dei requisiti prima casa in molteplici situazioni tra le quali, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano. Ciò premesso, una volta che l’acquirente abbia trasferito in origine la propria residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile entro diciotto mesi dall’acquisto, lo spostamento successivo della residenza dal Comune in cui è situato l’immobile agevolato non comporta la decadenza dall’agevolazione in argomento e non è dovuto il pagamento di ulteriore imposta. In ultimo l’Agenzia delle Entrate ricorda come, in caso di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici prima casa, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, siano dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria nonché una sovrattassa pari al 30 % delle stesse imposte.
INTERPELLO N. 403 DEL 02/08/2022 – RISOLUZIONE DEL CONTRATTO PRELIMINARE ED IMPOSTA DI REGISTRO
L’istante riferisce che con scrittura privata registrata, le Sig.re Tizia e Caia, hanno concluso un contratto preliminare di compravendita di una porzione di fabbricato al prezzo di euro 130.000. In conseguenza al preliminare, la promittente acquirente ha versato a titolo di caparra confirmatoria la somma di euro 50.000 e le parti si sono obbligate a stipulare il contratto definitivo di compravendita entro il 31 dicembre 2023. Venendo a mancare la promittente acquirente, gli eredi hanno inserito nella dichiarazione di successione il credito di euro 50.000 proveniente dalla caparra confirmatoria versata in sede di sottoscrizione del contratto preliminare. Inoltre, illustra sempre l’istante, gli eredi sin dal momento della successione, hanno manifestato l’intenzione di risolvere consensualmente detto preliminare non essendo interessati all’acquisto dell’immobile e la promittente venditrice si è resa disponibile ad accettare la restituzione della somma di euro 50.000 ricevuta a titolo di caparra confirmatoria. Tanto premesso l’istante che dichiara di essere stato incaricato della redazione e registrazione di una scrittura privata relativa alla risoluzione del contratto preliminare, chiede chiarimenti circa la tassazione applicabile al momento della registrazione della scrittura privata portante la risoluzione del contratto preliminare. L’Agenzia delle Entrate premette come lo scioglimento del rapporto contrattuale per “mutuo consenso” rientra nella categoria degli eventi risolutivi del contratto quale espressione dell’autonomia negoziale dei privati che sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio e, quindi, anche di scioglierlo. Sempre l’Agenzia delle Entrate relativamente al caso prospetto dall’istante, in cui gli eredi della promissaria acquirente hanno manifestato la volontà di non stipulare la compravendita e d’accordo con la promittente venditrice intendono risolvere il contratto preliminare mediante un apposito atto da sottoscrivere congiuntamente, ritiene che lo stipulando atto di risoluzione per mutuo consenso del contratto preliminare, oggetto del presente interpello, rientri nell’ambito di applicazione del co. 2, dell’art. 28 del D.P.R. n. 131 del 1986: pertanto sarà dovuta l’imposta di registro proporzionale per le prestazioni derivanti dalla risoluzione che, nel caso di specie, sono rappresentate dalla restituzione della somma a suo tempo versata dalla promittente acquirente a titolo di caparra confirmatoria.
INTERPELLO N. 404 DEL 02/08/2022 – RIDUZIONE DEI TERMINI DI ACCERTAMENTO E TRACCIABILITA’ DEI PAGAMENTI
La società istante che illustra di operare nel settore della costruzione di fabbricati ad uso commerciale ed industriale e di edifici ad uso civile, chiede di sapere se, al fine di poter beneficiare della riduzione di due anni dei termini di accertamento prevista dall’art. 3 del D.Lgs 5 agosto 2015, n. 127, i pagamenti effettuati a mezzo RIBA e MAV siano in linea con i requisiti richiesti dall’art. 3 del D.M. 4 agosto 2016. Sempre la società istante chiede di sapere se la ricezione di fatture cartacee, emesse da soggetti in regime forfettario, possa impedire il beneficio della stessa riduzione di cui al predetto art. 3 del D.Lgs 5 agosto 2015, n. 127. L’Agenzia delle Entrate ricorda come l’art. 3 del D.Lgs 5 agosto 2015, n. 127 preveda una riduzione di due anni del termine di accertamento per i soggetti passivi di cui all’art. 1 che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati, relativi ad operazioni di ammontare superiore a euro 500. Sempre l’Agenzia delle Entrate ammette che, seppur dal combinato disposto di cui agli artt. 3, co. 1, e 4, co. 2, del Decreto attuativo, sembra desumersi la tassatività dell’elenco degli strumenti di pagamento, sia possibile concedere la riduzione dei termini di accertamento quando il contribuente effettui e riceva pagamenti mediante strumenti assimilabili a quelli elencati all’art. 3 del Decreto attuativo, soddisfacendone i medesimi requisiti di tracciabilità. In definitiva, a parere dell’Agenzia delle Entrate, sia le RIBA, sia i MAV, sono strumenti che transitano a mezzo di intermediazione bancaria e che contengono gli elementi funzionali all’identificazione delle parti e del credito oggetto di pagamento tali da soddisfare gli stessi criteri di tracciabilità che contraddistinguono le modalità di pagamento di cui all’art. 3, co. 1, del Decreto attuativo. Per quanto attiene alla possibilità di ricevere fatture cartacee da soggetti in regime Forfetario, l’Agenzia delle Entrate chiarisce alla società istante come il fatto non assuma rilievo a fini della riduzione dei termini di accertamento.
INTERPELLO N. 416 DEL 05/08/2022 – VENDITE TRAMITE INTERNET O APP
L’istante illustra di svolgere l’attività di trasmissione di ordini e vendite, in ambito B2C di omaggi floreali, piante, prodotti ortofrutticoli, vini, liquori, dolciumi, alimenti confezionati, nonché di regali ed articoli complementari, sia in Italia che all’estero. L’istante riceve l’ordine via internet dal cliente e lo inoltra al negozio di fiori che si occupa direttamente della consegna: in questo caso di ordinativo floreale trasmesso via internet, l‘istante agisce in forza di un mandato senza rappresentanza procedendo per conto del cliente ordinante ed in nome proprio all’acquisto dell’omaggio floreale e degli eventuali relativi accessori. Le somme pagate dal cliente ordinante costituiscono integralmente corrispettivi propri della società istante, certificati mediante emissione di apposita fattura avente ad oggetto la cessione dell’omaggio floreale. La società istante riceve dal fiorista esecutore la fattura passiva avente a oggetto la cessione dell’omaggio floreale per un importo pari al prezzo di catalogo, diminuito del compenso fisso per la gestione dell’ordine e dello sconto convenzionale oltre alle relative spese effettive di consegna. Stante la gravosità dell’adempimento, sia per il numero di documenti emessi, sia per la difficoltà a reperire i relativi dati, ritenendo la società istante che la modalità di commercio appena descritta rientri nell’ambito delle cessioni per corrispondenza effettuate nell’ambito del commercio elettronico indiretto, intenderebbe, per il futuro, limitare l’emissione delle ordinarie fatture con IVA ai soli casi in cui il cliente ordinante richieda, appunto, l’emissione della fattura. Nei restanti casi di cessioni di omaggi floreali B2C effettuate a seguito di ordini trasmessi attraverso la piattaforma internet della società istante o altra modalità telematica, la stessa si limiterebbe alla registrazione dell’importo rilevante nel registro dei corrispettivi o, alternativamente, alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati, ai sensi della recente legislazione in materia. La società istante chiede pertanto parere all’Agenzia delle Entrate sulla correttezza della nuova procedura. L’Agenzia delle Entrate che già precedentemente si è espressa sul presente tema, conferma all’istante come la stipula e il perfezionamento del contratto di vendita avvengano on-line, come il pagamento del corrispettivo, mentre la consegna del bene avviene fisicamente, ossia mediante mezzi ordinari. Conferma inoltre alla società istante come ai fini IVA, le operazioni di commercio elettronico indiretto sono assimilabili alle vendite per corrispondenza e, pertanto, non sono soggette all’obbligo di emissione della fattura se non richiesta dal cliente. Conseguentemente la società istante potrà procedere all’annotazione dei corrispettivi nel registro di cui all’art. 24 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, restando comunque ferma la possibilità di memorizzazione elettronica ed invio telematico dei corrispettivi.
INTERPELLO N. 422 DEL 12/08/2022 – REGIME FORFETARIO CON PARTECIPAZIONI IN SOCIETA’ FALLITA
Il soggetto istante dichiara di svolgere dal 2020 un’attività di lavoro autonomo e di essere in regime di contabilità semplificata. L’istante illustra inoltre di essere in possesso di una quota di partecipazione del 15% come socio accomandatario di una società in accomandita semplice dichiarata fallita dal Tribunale nel 2022. In relazione alla causa ostativa di cui all’art. 1, co. 57, lett. d) della L. n. 190 del 2014, nel presupposto che nell’anno corrente egli non superi la soglia di euro 65.000 di ricavi, l’istante chiede se possa aderire al regime forfettario a partire dal 2023. Nello specifico, l’istante pone il quesito in quanto ritiene che la partecipazione in una società di persone dichiarata fallita, pur formalmente integrando una causa ostativa di accesso al predetto regime, in realtà non debba essere considerata tale. L’Agenzia delle Entrate chiarisce all’istante, in base a quanto argomentato dallo stesso, che la dichiarazione di fallimento di una società di persone non vale ad escludere la possibile percezione di un reddito di partecipazione in capo al socio, essendo possibile, nel corso della procedura, l’esercizio provvisorio dell’impresa o, dopo la chiusura del fallimento per soddisfacimento integrale dei creditori, a seguito di cessazione dell’attività con conseguente ripartizione del residuo attivo. Con la considerazione appena illustrata, l’Agenzia delle Entrate ritiene integrata la causa ostativa dell’art. 1, co. 57, lett. d), della L. n. 190 del 2014.
INTERPELLO N. 428 DEL 12/08/2022 – REGIME FORFETARIO ED IMPOSTA DI BOLLO ADDEBITATA IN FATTURA
Il soggetto istante illustra di avvalersi del regime Forfetario di cui all’art. 1, co. da 54 a 89, della L. n. 190 del 2014. L’istante chiede un chiarimento in tema di assoggettabilità o meno a tassazione, nell’ambito del suddetto regime, dell’imposta di bollo addebitata in fattura ai propri clienti. L’Agenzia delle Entrate conferma come le fatture emesse dai forfettari sono soggette all’imposta di bollo sin dall’origine, ossia al momento della loro formazione e ricorda come, con riguardo all’individuazione dei soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di bollo, l’art. 22 del D.P.R. n. 642/1972 stabilisce la solidarietà nel debito relativo da parte dell’emittente la fattura e del committente. Sempre l’Agenzia delle Entrate afferma che pur essendo a carico del prestatore l’obbligo di corrispondere la predetta imposta di bollo, quest’ultimo potrebbe chiederne al cliente il rimborso. Se il cliente rimborsasse l’imposta di bollo al prestatore, per quest’ultimo costituirebbe parte integrante del suo compenso, con la conseguenza di costituire ricavo di cui al co. 64 e concorrere al calcolo per la determinazione forfetaria del reddito. L’Agenzia dell’Entrate ritiene pertanto che l’importo del bollo addebitato in fattura al cliente assuma la natura di ricavo o compenso e concorra alla determinazione forfettaria del reddito soggetto ad imposta sostitutiva, secondo quanto disposto dall’art. 4 della L. n. 190/2014.
INTERPELLO N. 431 DEL 23/08/2022 – ACQUISTI INTRACOMUNITARI DA FORFETTARIO
Il contribuente istante illustra di svolgere dal 2016 l’attività di commercio al dettaglio di oggetti di artigianato e di applicare dal 2021 il regime Forfetario di cui all’art. 1, co. da 54 a 89, della L. 23 dicembre 2014, n. 190. Sempre l’istante illustra di aver effettuato in passato acquisti intracomunitari di importo inferiore a euro 10.000 e di volerne effettuare altri nel corso del 2022, in Ungheria presso fornitori che beneficiano nel proprio Stato membro dell’esonero disposto per le piccole imprese, finanche di importo superiore a euro 10.000. L’istante chiede di conoscere quali siano gli obblighi in materia di IVA in relazione agli acquisti di beni da tali operatori ungheresi. L’Agenzia delle Entrate, ricordando la circolare 26/E del 21 giugno 2010, ribadisce all’istante come nel caso di un soggetto passivo d’imposta italiano che effettui acquisti di beni presso un operatore di altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese, non rilevi quale acquisto intracomunitario, trattandosi di operazione rilevante ai fini IVA nello Stato membro di origine. Nel caso l’acquirente, soggetto passivo d’imposta in Italia, non ricevesse apposita documentazione rappresentativa dell’operazione, dovrà emette autofattura senza l’applicazione dell’imposta per documentare l’acquisto e non compilare l’elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari di beni. Sempre l’Agenzia delle Entrate ritiene inoltre come i suddetti adempimenti si applichino indipendentemente dal particolare regime dell’operatore italiano e pertanto che egli sia forfettario o meno.
INTERPELLO N. 441 DEL 30/08/2022 – DECADENZA DALLE AGEVOLAZIONI PRIMA CASA
L’istante cittadino italiano residente all’estero, iscritto all’AIRE, illustra che nel 2021 ha acquistato in Italia un immobile abitativo, fruendo dell’agevolazione prima casa. Essendo sopraggiunti per l’istante impegni lavorativi all’estero tali da non potergli consentire il trasferimento della propria residenza in tempi brevi, sta valutando se costituire un diritto di usufrutto a tempo determinato a favore della propria moglie. L’intento che l’istante vorrebbe raggiungere tramite la costituzione del diritto di usufrutto a tempo determinato sarebbe quello di far acquisire il possesso del bene all’usufruttuario solamente per un tempo predeterminato, trascorso il quale il disponente ritornerebbe pieno proprietario del bene. Il dubbio che però si pone l’istante, è quello di comprendere se l’usufrutto a tempo determinato produca i medesimi effetti dell’usufrutto vitalizio, rendendo quindi applicabile quanto disposto al co. 4 della Nota II-bis, ossia la decadenza dalle agevolazioni di prima casa fruite. Per tali motivi l’istante chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate e, in caso di perdita delle agevolazioni, chiede di sapere come individuare la base imponibile su cui applicare le imposte di registro, ipotecarie e catastali dovute nella misura ordinaria, oltre alla sanzione e agli interessi. L’Agenzia delle Entrate, in prima battuta conferma all’istante la decadenza dall’agevolazione fruita in caso di trasferimento degli immobili acquistati con i benefici in esame entro i cinque anni dall’acquisto, se l’istante non proceda a un nuovo acquisto entro un anno dall’alienazione dell’immobile agevolato. Con la risoluzione dell’8 agosto 2007, n. 213/E, è stato chiarito che la cessione del diritto di nuda proprietà, comporti la decadenza dai benefici in questione se l’operazione viene posta in essere prima del decorso del quinquennio dalla data di acquisto e, analoga, è la situazione di costituzione di diritti reali, quali l’usufrutto, l’uso o l’abitazione, in quanto cessione parziale del suddetto più ampio diritto. La costituzione del diritto di usufrutto sull’immobile agevolato di cui alla fattispecie in esame, comporta, infatti, una compressione del diritto di piena proprietà acquistato dall’istante con le agevolazioni. Pertanto, conclude l’Agenzia delle Entrate, ai fini fiscali, sul valore del diritto alienato va recuperata la differenza tra la tassazione agevolata e la tassazione ordinaria, oltre alla sanzione e agli interessi, ai sensi dell’art. 1, co. 4 della Nota II-bis Parte prima, del TUR. La base imponibile, su cui calcolare le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura ordinaria ai fini del recupero della differenza dovuta, dovrà essere rapportata al valore dell’usufrutto a tempo determinato, calcolato ai sensi degli artt. 46 e 48 del TUR.